L’analisi di performance delle proprie azioni commerciali risponde a due grandi obiettivi interni alle aziende.
La sfida che si presenta nel condurre questo tipo di analisi consiste nel formulare delle proiezioni solide, ovvero aventi un’alta probabilità di avverarsi. Per far ciò è imprescindibile far riferimento ad una mole sufficientemente significativa di dati. In tal senso, la raccolta di big data propria dei sistemi di rilevazione moderni rende questo primo requisito un fattore necessario ma evidentemente non sufficiente.
L’altro aspetto su cui basarsi corrisponde all’utilizzo degli strumenti d’analisi più rigorosi ed appropriati rispetto a ciascuna casistica. Non esiste una soluzione one-size-fits-all, per questo è fondamentale sperimentare molteplici approcci metodologici avendo rispetto delle peculiarità di ogni situazione e delle variabili in gioco.
L’analisi delle vendite di un distributore intermedio dell’industria manufatturiera propone alcuni spunti interessanti ai fini metodologici. Infatti, quale operatore intermedio, esso si rivolge primariamente ai propri rivenditori e le sue vendite sono rappresentate dalla selezione che questi operano dall’insieme dei prodotti in catalogo. D’altro canto, il successo della strategia commerciale dipende anche dalla capacità del retailer di vendere i prodotti al cliente finale.
Occorre dunque stabilire, alla luce di simili informazioni, il perimetro dei volumi di vendita sotto esame. Qualora si vogliano scrutare i rapporti e le scelte interne della supply chain, si propenderà per uno studio mirato sulle dinamiche di selezione distributore-rivenditore. In tal caso la domanda che sottende le analisi può essere formulata come segue: “quale tipologia di iniziativa commerciale e/o paniere di prodotti è più in grado di catturare la domanda dei miei rivenditori?”. Viceversa, se l’indagine è volta ad interpretare i comportamenti dei consumatori finali per poter comprendere le leve più efficaci nell’orientare le loro decisioni d’acquisto, l’analisi valuterà i risultati raggiunti direttamente nel mercato di sbocco e la research question diverrà: “quale tipologia di iniziativa commerciale e/o paniere di prodotti è più in grado di catturare la domanda dei consumatori?”.
In aggiunta, prima di procedere con l’analisi, è opportuno tenere a mente la fattispecie di clienti finali. Infatti, essi possono certamente costituire un campione significativo del mercato generale, laddove i rivenditori non siano specializzati su determinati segmenti. Al contrario, essi possono anche rappresentare un cluster o una nicchia di mercato alla quale si rivolgono i rivenditori. Tale verifica appare essenziale e determinante, in una fase successiva, ai fini dell’interpretazione dei risultati.
Definito quanto sopra, il primo step d’analisi è relativo allo studio delle variabili di classificazione delle SKUs. Salvo i beni commodity, solitamente le SKUs nell’industria manufatturiera presentano un insieme di variabili che permettono di definire dei modelli o versioni dei prodotti in catalogo. Tra queste variabili tipicamente possiamo riscontrare: nome del produttore, materiale, destinazione d’uso, dimensioni, colore. A questi dati sono dunque associate le informazioni di disponibilità iniziale, prezzo e volumi di vendita.
Si può notare a primo impatto che le tipologie di variabili di profilazione dei modelli assumono valori prestabiliti e senza eccezioni all’interno di classi, per questo prendono il nome di variabili categoriche. Sulla base delle finalità e delle esigenze di dettaglio, può insorgere la necessità di ricodificare le classi. Un chiaro esempio di ciò è costituito dalla variabile colore, che spesso viene riclassificata all’insegna di una maggiore semplicità di interpretazione, raggruppando le varie sfumature riconducibili ciò nondimeno ad una medesima tonalità (es. ocra à giallo). Allo stesso tempo, è possibile rilevare che i dati di disponibilità e vendite possano definirsi come variabili numeriche, in considerazione della tipologia di valori che vi si possono individuare.
La variabile “Dimensioni” merita maggior attenzione in quanto unicum nel contesto analizzato. Questa, infatti, viene sovente categorizzata, ad esempio si pensi alla taglia large o medium per capi d’abbigliamento, sebbene queste differenze possano ricondursi all’entità di misure numeriche, quali metri o pollici. E’ necessario valutare caso per caso, a seconda dello scopo dell’analisi e tenendo in considerazione la chiarezza interpretativa dei risultati, quale soluzione possa dimostrarsi più adatta.
Di seguito, una raffigurazione delle variabili più ricorrenti e della loro natura:
Qualora si abbia a disposizione un dataset con le caratteristiche sopra espresse, la domanda che potrebbe nascere è: “quali sono i fattori cui i consumatori attribuiscono maggior importanza e per mezzo dei quali è più probabile ottimizzare l’offerta commerciale dell’azienda?”
Un modello statistico che presenta alcuni vantaggi quando ci si approccia ad uno scenario del genere è noto come Ancova.Il modello riesce, in una logica regressiva, a stimare i coefficienti delle variabili numeriche (anche dette covariate) ed associa ad ogni classe delle variabili categoriche dei parametri ottenuti con il processo di comparazione statistica delle medie infragruppo ed intergruppo (test Anova per variabili discrete). Questa tecnica rientra nella famiglia dei modelli predittivi lineari e necessita di una variabile dipendente numerica, quale il fatturato maturato dalle vendite: proprio grazie a questa sua caratteristica è possibile formulare delle previsioni aventi un’interpretazione diretta, in termini monetari, circa l’impatto atteso sul livello di fatturato.
Un’analisi Ancova così costruita restituisce un output estremamente dettagliato: questo permette non solo di comprendere l’importanza di ogni caratteristica agli occhi del cliente, ma anche di poter guidare i processi di acquisto e creazione del catalogo d’offerta grazie allo studio delle possibili combinazioni di elementi che danno vita ai modelli più apprezzati di ciascun prodotto.
La metodologia illustrata consente una chiara attribuzione di valore alle singole caratteristiche di un item: grazie a questa flessibilità, un’analisi strutturata in questi termini può ben proporsi in numerosi contesti. Pertanto, oltre al mondo manufatturiero, sia di stampo B2B che B2C, questa tecnica può fornire insights di valore nell’industria del retail offline ed online e nel settore terziario (ad esempio per i prodotti assicurativi e bancari).
Al contempo, ci si avvale di modelli statistici predittivi analoghi nello studio di Customer Journey su siti web o piattaforme online, ad esempio per l’analisi delle impressions o di Call To Action legate a specifiche istanze.
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