L’innovazione di una marca iconica in un diverso segmento di mercato
La brand extension è un tipo di strategia aziendale di branding che punta ad ampliare il campo d’azione commerciale di un brand in un segmento di mercato diverso da quello in cui si è consolidata la sua notorietà.
Grazie a quello che nel marketing viene definito “effetto alone[1]”, le marche possono, infatti, estendere con successo i propri prodotti di linea all’interno di una categoria originaria, che quindi rimane la stessa, (line extension) oppure estendere la categoria a settori nuovi per la marca (category extension). Quest’ultima estensione permette di ampliare il portafoglio di una marca in una nuova categoria merceologica.
Riportando qualche esempio, nel caso di line extension una marca nota dà il benvenuto ad un nuovo prodotto o a nuova linea di prodotti, indirizzati ad un segmento di mercato diverso, ma appartenenti alla stessa categoria: è il caso di Giorgio Armani con Armani Exchange (A|X), una linea più “accessibile” di capi d’abbigliamento, ma con un’offerta più casual e sportiva, e che si rivolge a un target diverso, più giovane; o è il caso di Coca Cola dopo la proposta sul mercato di “Coca Cola Zero” o ancora del caso di Gillette, quando ha proposto un nuovo rasoio appositamente progettato per la depilazione femminile[2].
Nel caso di category extension, invece, la marca è “ammessa” in una nuova categoria di prodotto sulla base di determinati requisiti (points of parities), che fungono da “standard” necessari affinché la marca sia ben accolta all’interno della nuova categoria. È il caso di Gucci che, da colosso di prodotti di pelletteria a inizio Novecento, ha poi ampliato la sua offerta in molteplici e svariate altre categorie merceologiche, spaziando dall’home decor al beauty.
Ogni azienda, prima di ogni strategia di brand extension, deve però attuare analisi preliminari, di contesto e di mercato. Soprattutto è necessario lavorare sul brand portfolio detenuto dal proprio brand, individuando cioè la gamma di marche detenute dall’azienda. Una volta studiate tutte le loro caratteristiche e stabilito qual è il numero di marchi necessari per ottenere un posizionamento equilibrato sul mercato, si può pensare ad una brand extension.
L’ampiezza del brand portfolio è determinata proprio dalla varietà di categorie (o prodotti) che vengono associate a ciascuna marca e la profondità del portfolio dipende dal numero e dalla natura delle marche per ciascuna categoria di prodotto. L’oculata gestione del brand portfolio consente alle aziende di stabilire una strategia ad hoc per ogni brand, determinare la necessità di riposizionare e identificare i brand con prestazioni inferiori ed evitare i rischi di esposizioni per l’azienda correlati a una strategia di brand unico. Avere chiara la struttura della propria brand architecture diventa quindi fondamentale perché è il mezzo attraverso cui l’azienda può aiutare i consumatori a comprendere i prodotti che vende o i servizi che offre e a organizzarli nella loro mente, definendo così di conseguenza l’ampiezza e i confini del marchio stesso e la sua profondità o complessità (Keller 2014).
Un noto marchio italiano, da sempre associato ai momenti di festa e leader mondiale in campo alimentare, ha raccontato la sua esperienza positiva di brand extension a Focus Management.
“È stato come scrivere un nuovo capitolo del brand che però ha confermato i valori dell’azienda: innovazione, attenzione alle esigenze del consumatore e passione per la qualità e l’eccellenza” sostiene l’azienda.
Il brand si è così potuto inserire in un mercato già consolidato e piuttosto maturo portando la sua inconfondibile esperienza di consumo multisensoriale oltre che i codici distintivi della marca, che la rendono unica e inconfondibile, rafforzando così l’immagine del brand stesso in Italia e nel mondo.
Il percorso di una marca, specialmente se storica, che adotta una strategia di brand extension è una vera e propria sfida, ricca di opportunità da cogliere ed errori da evitare.
Il livello dì rischio dipende dalla distanza esistente tra la categoria dì partenza e quella dì destinazione: quando le due categorie sono vicine, la brand extension è più semplice da veicolare al mercato finale; in caso di maggiore distanza, invece, la complessità aumenta. Tale “passo” è fattibile per marche ad alto contenuto valoriale; risulta invece più arduo per brand con un vissuto ancorato ad elementi funzionali.
Tra gli svantaggi principali vi è il rischio di sprofondare negli abissi della diluizione del marchio, indebolendolo e portandolo, nel peggiore dei casi, alla distruzione dell’immagine del marchio stesso. E’ il caso in cui un’azienda utilizza la strategia di estensione per ogni settore in cui vorrebbe investire, senza considerare la relazione logica tra i prodotti esistenti e quelli nuovi. Di conseguenza, il cliente risulta confuso, poiché non sa cosa rappresenta il marchio e cosa aspettarsi da esso.
Tra i vantaggi abbiamo visto invece che, sebbene ci siano dei costi iniziali e dei rischi legati all’insuccesso, la probabilità che il lancio del prodotto nuovo abbia successo è alta se si sfrutta la reputazione della marca madre. I clienti accetteranno più facilmente i nuovi prodotti, perché già fidelizzati. E i prodotti già esistenti saranno riconosciuti più facilmente.
Un altro punto a favore dell’estensione del marchio al di fuori della sua categoria di prodotto principale può essere quello di aiutare a migliorare l’immagine stessa del marchio, che riceverà più energia e chiarezza sotto il marchio madre.
La brand extension è un percorso strategico per l’azienda e necessita di insight su consumatrici e consumatori per essere intrapresa. Attraverso tecniche di ricerca come la multidimensional scaling, la conjoint analysis, la quadrant analysis e lo structural equation modeling (SEM) si può azzerare l’incertezza, minimizzando il rischio e massimizzando le reali opportunità per la marca.